Prima di volare in Argentina per il primo gran premio dell’anno 1973 facciamo un salto al 1972 per capire come, come in quei mesi, la F1 stia cambiando e diventando il vero fenomeno di massa che tutti oggi conosciamo.
“Veni, vidi, vici” è la scritta in latino che, se fate caso, è riportata nel logo della Marlboro. Nel 1972 l’azienda di tabacco statunitense, annusando il crescendo potenziale mediatico della F1, decide di entrare nel grande Circus con il team BRM. Famosa è la foto della monoposto inglese che alla presentazione esce da un mega pacchetto di sigarette. Molti furono i soldi messi nel team dallo sponsor tabaccaio americano ma, tranne che per la vittoria a Montecarlo di Beltoise, il 1972 è stato un anno poco felice per la BRM con la vettura P160 progettata da Tony Southgate. Acerba, uno sviluppo della stessa che ha peggiorato le prestazioni ed una nuova monoposto, la P180, scartata come base per il 1973. Se aggiungiamo poi l'organizzazione del Team stesso da rompicapo che arrivò perfino a schierare 5 vetture a GP e ben 10 piloti diversi, capiamo perchè la stagione fu estremamente complicata.
Il business F1 come dicevamo era in crescendo. Gli sponsor avevano calcolato una media di 82 mila spettatori presenti ai GP (con punte di 200mila al GP di Germania). Inoltre Tv, stampa e radio si stavano interessando sempre di più al mondiale. Marlboro, non molto contenta dell'organizzazione della BRM, chiese a Stanley e Parnell più razionalità, meno vetture in pista e piloti fissi su cui contare.
Ed ecco che la storia ora quindi va ad intrecciarsi con Clay Regazzoni che, dopo un fantastico 1970 d'esordio nel grande Circus (ricordiamo la vittoria a Monza alla sua quinta gara), nelle annate 71 e 72 soffre la crisi tecnica della Ferrari. Proprio nella stessa estate iniziano i colloqui tra Clay e la BRM che porteranno poi ad un accordo per il 1973. Le basi per ben figurare ci sarebbero tutte. I soldi Marlboro, la revisione della monoposto P160 da parte di Pillbeam, dopo che Southgate lascia il team per la Shadow, l’annuncio di un nuovo motore più potente e Stanley che si calma coi piloti scegliendo di tenere con Clay il francese Beltoise e di portare nel Team un altro giovane di grandi speranze, l’austriaco Niki Lauda.
I grandi cambiamenti tra il 1972 e il 1973 nel Circus scuotono anche i rapporti tra Team ed organizzatori dei GP. Da una parte le squadre che spendono per progettare e mettere in pista le vetture e spedirle nei tracciati, dall’altra gli organizzatori che raccolgono sempre più soldi da governi e sponsor per poter ospitare le gare ed i Team stessi che cominciano così a chiedere agevolazioni economiche anche per le lunghe trasferte fuori dall’Europa. Sarà un lungo braccio di ferro che porterà in auge un certo Bernie Ecclestone. Ma questa è un’altra storia.
Ci avviciniamo così al GP d’Argentina che, raccolti i giusti finanziamenti a scacciare una possibile cancellazione della gara per motivi politici, può ospitare il primo Gran Premio della stagione 1973.
La vettura a disposizione di Clay, come anticipato, è una P160 rivista, con un frontale più ampio e avvolgente, nuova ala posteriore, radiatori spostati distante dalla posizione dell’abitacolo verso il retrotreno, nuovo layout delle sospensioni posteriori ed il ritorno dell’airbox ad alimentare il 3 litri 12 cilindri inglese non ancora però nella versione definitiva con più potenza promessa.
Il caldo weekend inizia con timori di rapimenti tanto che alcuni protagonisti, su tutti Stewart e Fittipaldi, si presentano con guardie armate a scortarli.
I piloti sono in pista già dal giovedì in una sessione aggiuntiva di familiarizzazione con la pista. Clay Regazzoni e la sua BRM sorprendono tutti già dal venerdì mattina con un tempo di 1.11.53 secondi. La lotta per la pole position è con Fittipaldi e Stewart. Al sabato Clay migliora ancora il tempo andando a cogliere la Pole Position con un tempo di 1m.10.54 secondi. E qui le cronache dell’epoca raccontano un fatto molto curioso che vale la pena riportare.
I box in quel 1973 erano divisi tra team Goodyear e team Firestone. Quindi da una parte Lotus, Ferrari, Tyrrell, McLaren e Brabham gommati Goodyear.
A quasi 90 metri di distanza, giu nella lunga corsia box argentina, c’erano invece i team gommati Firestone, Surtees, Williams e BRM appunto. Il cronometraggio non era live come ora. I risultati arrivavano con un ritardo fisiologico dai cronometristi ufficiali. Mentre i team Goodyear erano intenti a controllarsi tra loro non si accorsero subito del super tempo fatto registrare da Clay. Quando realizzarono la cosa, Clay era già sceso dalla vettura e seduto al muretto box, se la rideva da sotto i baffi.
Baffi che da quel 1973 diverranno uno dei suoi biglietti da visita ancora oggi indimenticabili.
La domenica, davanti a 100mila spettatori e a Manuel Fangio, Clay perde inizialmente la prima posizione ai danni di Cevert al pronti via, ma riesce a recuperare il primo posto subito dopo due curve e passare in prima posizione al primo giro. Resterà in testa per 29 giri comandando un gruppetto di inseguitori composta da Cevert, Fittipaldi, Peterson, Beltoise e Stewart.
Purtroppo dal 29esimo giro gli pneumatici Firestone cominciarono a perdere prestazioni a causa di una lenta sgonfiatura, costringendo Clay a cedere posizioni agli avversari. Pneumatici che abbandonano anche il compagno di team Beltoise al punto che entrambi sono costretti a fermarsi per cambiarli in corsa.
Clay da decimo risalirà fino al settimo posto, a tre giri dal vincitore, ottenendo anche il secondo miglior tempo in gara.
Un weekend di luci e ombre, sorprendente per la pole position ma che lascia alcune domande per il proseguo della stagione 1973 che dall’Argentina si sposterà poi nel vicino Brasile in casa di Fittipaldi e della sua Lotus.
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Riccardo Turcato